Intervista Mago Sales da settimanale Mio 21 luglio 2016

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  14 Luglio 2016 08:00 - 12:00

PAPA FRANCESCO MI HA CHIESTO D'INSEGNARE LA MAGIA AI BIMBI

 

Don Sìlvio Mantelli, in arte "Mago Sales", è un sacerdote salesiano che a Cherasco, in provincia di Cuneo , ha realizzato un museo unico nel suo genere in Europa, visitato durante l'anno da tantissime scolaresche

 

«La mia missione è quella di far sorridere i più piccoli, che rischiano di dimenticare la loro fantasia. Il mio sogno? Portare in scena uno show di illusionismo in Vaticano»,

Prete per vocazione, mago per passione. È don Silvio Mantelli, il sacerdote salesia­no che nella sua vita non ha mai smesso di amare Dio e di meravigliare l'uo­mo. A Cherasco, in provin­cia di Cuneo, questo religio­so dal volto festoso e dallo sguardo burlone è riuscito a realizzare il museo di magia più grande d'Europa: 1400 metri quadrati interamente dedicati all'arte dei sogni e dell'illusione. «Regalare un sorriso non costa nulla. 'Per questo, da anni, cerco attraverso i gio­chi di pre­stigio di aprire una finestra sul mondo dei sogni, dove l'impossibi­le diventa possibile», racconta a Mio don Silvio, in arte"MagoSales".

Nel­le 17stan­ze dique­sto im­menso palazzo del Settecento, durante l'ulti­mo anno sono passati oltre 25mila visitatori. Un nume­ro davvero significativo per chi, come lui, usa la magia per arrivare direttamente al cuore delle persone.

 

Don Silvio, com'è nata l'idea di un museo della magia?

«Io preferi­sco chiamarla "la casa dei sogni", dove per sogni, non intendo quelli che arrivano di notte, ma quelli capacidi sbalordire ancora. Nei tempi moderni in cui viviamo, tutto è visibile e a portata di mano. Eppure non dobbia­mo perdere la voglia di me­ravigliare e di meravigliar­ci. Per questo rievochiamo i grandi maghi della storia, i loro studi, illustrando an­che il tempo in cui la magia apparteneva ai sacerdoti, al­lora considerati unici deten­tori di questi poteri».

 

Nella sua vita è arrivata prima la passione per la magia o la vocazione?

«Prima la magia, nata per puro caso. Da ragazzo ero un po' imbranato. Non avevo voglia di far nulla e a scuola non brillavo, anzi, ero proprio un fannullone. Poi ho conosciuto un amico che faceva giochi di presti­gio e che mi ha insegna­to l'arte della magia. Misono esercitato da solo edeccomi ancora qui, con ilcilindro e la bacchetta».

 

E quando ha sentito la chiamata di Dio?

«A 19 anni, ma non l'ho cercata. Quella del mago, invece, sì. La vocazione è come la vita: nessuno ti chiede di venire al mondo, nasci e basta. Così ho avu­to l'occasione per fare i miei spet­tacoli nei collegi, negli oratori, con i bambini. E, da don Luigi, sono diventato per tut­ti "Mago Sales"».

Ha scelto que­sto nome d'arte in onore dei salesiani, il suo ordine religioso, giusto?

«Esatto, in onore di san Francesco di Sales, ma an­che perché "sales" vuol dire "svendita" ma rimanda an­che al verbo "salire". Prima della vocazione, mi facevo chiamare Mago Mandrake».

 

 

A chi è dedicato il suo museo della magia?

«Per lo più ai bambini, che lo vedono come un parco giochi, ma anche agli adulti che ne restano affa­scinati. Alle volte, con le scolaresche arrivano anche duecento bambini al gior­no e restano da me l'intera giornata, girano per le stanze,provano i truc­chetti in labora­torio. Insomma,iniziano a vede­re la realtà sotto forma di magia».

Imparano, quindi, a sognare.

«Io dico sempre che un bimbo è già magico di per sé, però spesso perde di vi­sta la sua fantasia. Quando i bambini arrivano nel mio museo, cerco di far spegnere loro tablet e telefonini. Per un giorno devono impara­re a chiudere questi "occhi di vetro" e a riaprire quel­li veri, dell'anima. E fine, sa che cosa succede? Si dimenticano persino discattare le foto!».

 

Da quale stanza restano più colpiti?

«Dipende. C'è chi prefe­risce il teatro, chi il labo­ratorio, chi invece non la­scerebbe mai la stanza delle favole e quella dedicata a Le cronache di Narnia. Per non parlare del viaggio nel­la storia dei grandi maghi, da Houdini agli illusionisti più moderni come Silvan, David Copperfield o Arturo Brachetti».

 

In tempi non sospetti, avrebbe mai immagina­to di creare il più grande museo di magia d'Europa?

«Assolutamente no. Anni fa sono andato a visitare quello di Parigi, gestito da un mio caro amico, ma ha poche stanze e alcune disposte anche nei sotterranei con un laboratorio piccino. Noi invece abbiamo spazi enormi con un grande teatro, una biblioteca di 19.000 volumi e molti percorsi multimediali. C’è davvero di tutto”.

 

Sappiamo che poche settimane fa ha incontrato Papa Francesco.

“Si, lo avevo già conosciuto in Argentina, ma questa volta sono andato in Vaticano con una delegazione di 150artisti. Gli ho portato in dono una bacchetta e un cilindro bianco e lui lo ha messo subito in testa. Mi ha sbalordito. Questo Papa ha un sorriso che ti rappacifica con il mondo”.

 

Cosa vi siete detti

«Mi ha pregato di  continuare a far sorridere i bimi. È la stessa benedizione c mi ha fatto Madre Teresa Calcutta, ricordo ancora sue parole: "Mi raccomado, porta ai bambini il sorriso di una mamma che ccon una carezza fa la più gran magia della vita"».

 

Ha altri sogni nel cilindro?

«Vorrei fare uno spettacolo in Vaticano e portare i bambini dal Santo Padre. Già immagino il suo stupore. Spero tanto che quei sogno si avveri».

 

Può darci una definizione di "mago"?

«Il mago è un bambino che non ha mai smesso giocare, né di sognare. Un po' come me ...».

(Intervista da settimanale Mio, 21 luglio 2016, di Francesca Di Matteo)

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